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Chiesa di Sant'Antonio

Chiesa di Sant'Antonio


Descrizione

La chiesa di Sant'Antonio sovrasta l'abitato della Morra sorgendo su un promontorio roccioso (gneiss occhiadino, roccia metamorfica di origine magmatica del Massiccio Dora-Maira), punto di riferimento inconfondibile sulla strada provinciale fra Busca e Dronero.. 

Per arrivare alla chiesa si raggiunge Morra, e dalla piazza parrocchiale ci si addossa alla collina, superando il ponticello sul rio Faussimagna e imboccando a destra il bivio per Artesio. Subito sulla sinistra una stradina risale il versante, costeggiando una casa; da qui con un sentiero che svolta a sinistra si arriva sullo spiazzo della chiesa, eccezionale punto panoramico sulla pianura cuneese.

 


La storia di Sant'Antonio da Padova

Il vero nome di Sant'Antonio da Padova era Fernando di Buglione, nato a Lisbona in Portogallo dalla nobile famiglia discendente dal famoso crociato Goffredo di Buglione.

A quindici anni è novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferisce nel monastero di Santa Croce di Coimbra, il maggior centro culturale del Portogallo appartenente all'Ordine di Sant'Agostino. Studia scienze e teologia con ottimi maestri, preparandosi all'ordinazione sacerdotale che riceverà nel 1219 a ventiquattro anni. Non sopportando i maneggi politici con re Alfonso II e anelando una vita religiosamente più severa lascia l'ordine agostiniano. La decisione matura nel 1220, allorchè giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco: profondamente colpito, entra nell'ordine di San Francesco e prende il nome Antonio, in onore dell'abate eremita egiziano. Parte missionario in Marocco, ma durante il viaggio è colpito da febbre malarica; secondo una versione leggendaria, la nave fu spinta da una tempesta direttamente a Messina, in Sicilia. Guarito, si reca ad Assisi e a Santa Maria degli Angeli ha modo di ascoltare San Francesco. Si trasferisce dunque in un eremo a Montepaolo, presso Forlì, vivendo in contemplazione e penitenza per quasi due anni.

 

Ad Antonio è poi assegnato il ruolo di predicatore e insegnante dallo stesso San Francesco: predica in Romagna e nell'Italia settentrionale, combatte l'eresia catara in Italia e quella albigese in Francia, dove arriverà nel 1225. Rientrato in Italia, dopo intense peregrinazioni fissa la propria residenza a Padova, dove scrive i Sermoni domenicali e si distingue come grande predicatore. Dopo altri tre anni di viaggi è stanco, soffre d'asma ed è gonfio per l'idropisia; ritorna così a Padova e si ritira a Camposampiero, vivendo in una stanzetta costruita tra i rami di un grande albero di noce. Da qui Antonio predica e scende a confessare; una notte una grande luce esce dal suo rifugio: si narra che fosse passato Gesù Bambino a fargli visita.

Il 13 giugno del 1231 Sant'Antonio spirò; era un venerdì.

I suoi miracoli in vita e dopo la morte hanno ispirato molti artisti fra cui Tiziano e Donatello.

La grande Basilica a lui dedicata sorge a Padova vicino al convento di Santa Maria Mater Domini.

Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, San Bonaventura da Bagnoregio trovò la lingua di Antonio incorrotta, ed è conservata nella cappella del Tesoro. 

Nel 1946 Pio XII lo ha proclamato Dottore della Chiesa.

 

Sant'Antonio da Padova è il protettore degli affamati, degli oggetti smarriti e dei poveri.

Nell'iconografia è riconoscibile dal giglio, simbolo di purezza, dal pesce, simbolo del Figlio di Dio, o da Gesù Bambino in braccio, legato al miracolo dell'apparizione

 

La sua festa si celebra il 13 giugno.

 

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La storia di Sant'Antonio abate 

La tradizione vede in Sant'Antonio il protettore degli animali domestici e da cortile: la festa apre le porte dell'inverno e la sua funzione era quella di purificare animali, uomini e campi (febbraio e febbre derivano dall'etrusco februus, la purificazione attraverso il clima rigido o la malattia). 

Sant'Antonio abate visse in Egitto e morì il 17 gennaio 356 ad oltre 100 anni di vita. È uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa, trascorrendo più di 80 anni in mezzo al deserto e sulle rive del Mar Rosso. Sant'Antonio è ritenuto il patriarca del Monachesimo, il primo che seguì l'epoca dei grandi martiri cristiani. Nell'iconografia è raffigurato circondato da donne procaci (simbolo delle tentazioni) o da animali domestici (come il maiale), di cui è il popolare protettore. 

Proprio da un episodio di sant'Antonio prende spunto il motto benedettino "Ora et labora". Egli infatti, quando abbandonò tutte le sue ricchezze per ritirarsi ad una vita mistica, incontrò sulla strada un altro asceta che lavorava una corda e ad intervalli regolari si interrompeva per pregare: lavoro e preghiera, il messaggio inviatogli da Dio. 

L'inizio del suo percorso spirituale ascetico fu affrontato nel superamento delle tentazioni della carne e dello spirito, per poi giungere alla santità. 

In un famoso episodio, Sant'Antonio per procurarsi il fuoco nel deserto scese all'inferno con il fido maialino; mentre l'animale, correndo all'impazzata fra i demoni spaventati, creava una gran confusione, il santo accese il suo bastone a forma di "tau" (altro simbolo iconografico) e ritornato al suo eremo lo usò per accendersi un falò che non si spegneva mai. Per questo Sant'Antonio è anche il protettore dei pompieri. 

Il maiale assunse ulteriore importanza nell'iconografia del santo perchè con il suo grasso si curava un particolare cancro, il famoso "fuoco di Sant'Antonio", causato da un fungo presente nella segala usata per fare il pane. Proprio per tale cura gli ammalati potevano liberamente allevare maiali, a cui si metteva una campanella di riconoscimento. 

Nel giorno della sua festa liturgica, il 17 gennaio, si benedicono le stalle e si portano a benedire gli animali domestici. 

Talora, in zone con influssi nordici, si può vedere il maiale in compagnia di un cinghiale, allusione al dio celtico della luce e della rinascita Lug. 

 

Testo storico, rielaborato: Antonio Borrelli 


 

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Modalità di Accesso

Accesso libero durante le funzioni religiose

Dove

Frazione Morra

Contatti

Telefono: 0171.902087
Pagina aggiornata il 03/04/2024 11:56:00

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